
Mel, antico e bellissimo Borgo in provincia di Belluno, e la sua bellissima Piazza, hanno fatto da
sfondo al primo Evento organizzato da Vinoway in Veneto.
La giornata di Sabato 20 Luglio aveva per tema “Le produzioni vitivinicole sostenibili partendo
dalle varietà PIWI”. Nel corso della serata una tavola rotonda ha approfondito il tema valutando le
opinioni di esperti e produttori e una degustazione di vini ottenuti da varietà definite resistenti alle
crittogame, ha concluso il dibattito.
Ringrazio Vinoway per avermi invitato all’Evento: conoscevo solo marginalmente il tema trattato e
riconosco di avere avuto la possibilità di poterlo analizzare accuratamente.
Ma cosa sono esattamente queste varietà PIWI altrimente dette varietà resistenti o varietà super bio?
Sono state chiamate con dei termini poco appropriati, a dire il vero, e credo sia necessario cercare di
non farli sembrare dei mostri alieni. A parte le disquisizioni di concetto ed arrivando ai fatti, queste
varietà sono in tutto una decina, selezionate negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso in Germania
mentre altre poche provengono da selezioni di vivaisti italiani ma sono, le ultime, ancora in fase di
sperimentazione.
In Germania si sono eseguiti incroci utilizzando perlopiù varietà aromatiche, varietà tipiche di quei
territori perchè quello era il materiale a disposizione e soprattutto perchè quelle erano le viti di
interesse per la produzione vinicola tedesca.
Per prima cosa vorrei confortare chi considera le varietà PIWI con scetticismo: ciò che si ottiene
dalla vinificazione delle loro uve è semplicemente un vino tale e quale agli altri. Provenendo da
piante ottenute incrociando viti europee e non , resistenti alle malattie per una loro peculiarità
singola, senza manipolazioni genetiche o OGM, danno origine a prodotti vinosi perfettamente
allineati.
I produttori italiani intervenuti al dibattito, sostengono che tali varietà di vite siano veramente
resistenti alla peronospora e all’oidio permettendo di risparmiare almeno una decina di trattamenti
antifungini all’anno prendendo come riferimento ambienti pedoclimatici del Nord Italia: i vantaggi
in termini economici e il bassissimo impatto sull’inquinamento sarebbero dunque evidenti. La strada
intrapresa è corretta e ha degli sviluppi interessanti che devono essere posti in grande evidenza ed
approfonditi.
L’osservazione viene di conseguenza: Perchè piantare e coltivare viti provenienti da zone lontane
senza un legame con il territorio? Visto che i vini da coltivazione Bio sono così in espansione sui
Mercati ( non per nulla laGermania ha iniziato i suoi studi quasi 40 anni fa) perchè l’Italia è ancora
ferma al palo? Perchè non si è incaricato un Ente governativo e le Università affinchè si
promuovano ricerche utilizzando altro materiale viticolo e magari attingendo dal nostro immenso
patrimonio nazionale?
Nella degustazione guidata, seguita al dibattito, vi erano 11 vini italiani prodotti in Nord Italia da
uve provenienti da varietà resistenti. Oltre a verificare che si trattava di vini convenzionali e
perfettamente allineati, ho apprezzato soprattutto la capacità di adattamento che queste varietà
hanno ai climi freddi e all’altitudine. Si possono produrre vini in zone geografiche estreme ma che
di questi tempi, con il Riscaldamento globale ( Global warming), potrebbero diventare le nuove aree
produttive del futuro.
Uno di essi era un bianco ottenuto da macerazione sulle bucce e affinato in contenitori in terracotta.
Non amo i vini bianchi macerati, è risaputo, devo però ammettere che la tecnica enologica utilizzata
era sopraffina; i profumi fruttati originari erano ovviamente dissipati e sostituiti da note evolute di
natura ossidativa. Data la notevole acidità e il basso pH è probabile che queste varietà di origine
tedesca possano essere adatte alla produzione di orange wines così di moda oggi e perchè no, anche
di vini “ naturali”….
Mi è stato chiesto di inserire un vino nella Master class con i vini da PIWI e ho scelto un Raboso
del Piave: scelta provocatoria ma mi è sembrato un autoctono da utilizzare come base di partenza
per un PIWI italiano;di suo, infatti, è parzialmente resistente alle malattie, tardivo nella
maturazione, cosa da non sottovalutare di questi tempi, rustico e molto difficile da vinificare e
plasmare.
Sfruttando le peculiarità di molti nostri vitigni tradizionali si potrebbero creare incroci resistenti da
Sangiovese, Nebbiolo, Primitivo e quanti altri ne dimentico! Avremmo magari dei Chianti o dei
Brunello o dei Barolo a basso impatto ambientale.
Il nostro Patrimonio viticolo è così unico che non si può pensare di sottovalutarlo o sminuirlo, tutto
il Mondo ce lo invidia. Allora perchè non partire da qui per sviluppare una sperimentazione nella
nostra realtà produttiva incrociando viti resistenti da varietà già molto diffuse e tipiche in Italia.
Un produttore dell’Alto Adige, presente alla serata con vini PIWI, ha dichiarato che sono così
soddisfatti dei risultati ottenuti che hanno deciso di spiantare della Schiava per piantare varietà
resistenti: se non fossimo stati così lenti in Italia a recepire l’importanza di questi studi, forse quel
Produttore oggi avrebbe potuto avere un tipo di Schiava resistente alle malattie. Un’ opportunità
persa a cui spero si possa rimediare in futuro.

Vitigno piwi con rosa
La pianta di rosa ammalata e la pianta di vite perfettamente sana.
Carrellata di vini ottenuti da vitigini piwi ed un intruso. MASTER CLASS di Mell